Gli "invisibili"

Sono numerosi i film stranieri degli anni '30 che non circolarono sugli schermi italiani. Film "invisibili" per gli spettatori dell'epoca, che si possono dividere in due categorie di massima.

Da una parte, quelli espressamente proibiti dalla censura: vale a dire i titoli non ammessi alla pubblica visione. Sul piano ufficiale, si tratta dei film non approvati in sede di commissione di revisione, quando si riteneva insufficiente il rilascio di un nulla osta seppure "condizionato" da tagli, modifiche o divieti. Nella pratica quotidiana, tuttavia, i funzionari delle commissioni (che come abbiamo visto subiscono un processo di graduale "fascistizzazione": 1.2 Il periodo fascista) dovevano fare i conti con pressioni di ogni tipo, che in un regime autoritario come quello fascista non potevano che essere soprattutto di carattere politico (a cui spesso non erano estranei interessi di tipo economico): nelle decisioni più importanti, riguardanti l'approvazione o meno di film particolarmente controversi, il parere risolutivo spettava di solito a funzionari di più alto livello, fino ad arrivare allo stesso Mussolini.

L'esempio forse più celebre in questo senso è quello di Tempi moderni (Modern Times, uscito in Italia nel 1937) di Charlie Chaplin, approvato di fatto non in sede di commissione ma dal Duce in persona (che però fece togliere la scena in cui Charlot, in carcere, si ciba involontariamente di cocaina). Alcune pellicole (Estasi, La grande illusione) vennero invece proibite dopo aver partecipato alla Mostra del Cinema di Venezia (ricevendo anche un premio, nel caso del film di Renoir).

L'altra categoria è quella degli inediti, cioè i titoli non acquisiti dalla distribuzione italiana per valutazioni di carattere commerciale: è la cosiddetta censura di mercato. Tuttavia, il confine tra censura di mercato e censura vera e propria non è sempre netto, essendo i due aspetti intrinsecamente legati. Come ha evidenziato Jean A. Gili:

"L'esame dei film stranieri da parte delle commissioni di censura era essenzialmente un lavoro di "routine": la maggior parte dei film comprati dai distributori italiani o importati dalle filiali italiane delle grandi compagnie americane erano introdotti sul mercato nazionale tenendo conto a priori dei criteri di giudizio della censura e della regolamentazione in vigore".

In linea generale, dunque, censura e distribuzione andavano di pari passo: i meccanismi distributivi attuavano una sorta di censura a priori, ancora più radicale di quella preventiva o economica (intendendo le modifiche effettuate a una pellicola prima di presentarla alla revisione, per limitare il rischio di incorrere in divieti). In casi particolari, come avvenne con Scarface, poteva accadere che i distributori venissero esplicitamente dissuasi dall'acquistare un film.

Molti "invisibili" restarono tali per lungo tempo, fino a che non ottennero una regolare distribuzione: il più delle volte nel dopoguerra, oppure più avanti fino ad arrivare addirittura agli anni ‘60. Altri sono rimasti inediti in sala, limitandosi al massimo a una circolazione ristretta e spesso clandestina (sovente perseguita dalle autorità) e riemergendo magari molto più tardi, con il recupero e restauro delle pellicole o rieditati per la programmazione televisiva e l'home video.

Vediamo una rassegna dei casi più celebri di pellicole degli anni '30 proibite in Italia, oppure inedite ma con forti implicazioni relative alla censura.

 

4.1 Vampiri, scheletri, torture: l'horror, e non solo

4.2 Gangster italiani: Scarface & co.

4.3 Erotismo: Estasi

4.4 Riso "diabolico": i fratelli Marx

4.5 Pacifisti e sovversivi

4.6 Autori scomodi: Fritz Lang, Tod Browning, Jean Renoir

4.7 1939: l'autarchia

 

 

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