Deux ou trois choses que je sais d'elle (1966)

(Francia, 1966)

Titolo italiano: Due o tre cose che so do lei

R.: Jean.Luc Godard. Sc.:Jean-Luc Godard. F.: Raoul Coutard. M.: Francoise Collin, Chantal Delattre. Mu.: Beethoven. In.: speaker: Jean Luc Godard; Marina Vlady, Roger Montsoret, Annie Duperey, Jean Narboni, Christophe Bourseiller, Raoul Lévy, Joseph Gehrard, Claude Miller (Bouvard), Jean-Patrick Lebel.

P.: Anouchka Films, Argos Films, Les films du Carrosse, Parc Film.

L.: 2486 metri.

v. c.: n. 52370 del 25/09/1967

 

Vicende censorie

La domanda di revisione viene presentata il 13/09/1968.

"La II° sezione della commissione di revisione cinematografica, visionato integralmente il film il giorno 24/09/1968, esprime, a maggioranza, parere favorevole alla concessione del nulla osta per la programmazione in pubblico, col divieto di visione per i minori degli anni quattordici. Tale divieto è motivato dal fatto che i problemi di particolare delicatezza sono espressi in una forma angosciosa e con talune sequenze a sfondo erotico, suscettibili di turbare la sensibilità e le specifiche esigenze di formazione educativa dei minori di tale età".

A proposito di 'sensibilità' e 'formazione educativa' riportiamo anche il giudizio del Centro Cattolico Cinematografico (un'istituzione che, per influenza diretta ed indiretta, gestisce un potere di poco inferiore a quello della censura ufficiale del periodo e con esso spesso inestricabilmente legato), chiaro esempio di censura parallela, che nel volume 65 delle segnalazioni cinematografiche riporta il 'Giudizio morale' sul film:

"La condanna di questa civiltà e di questa società è totale e senza speranza di ripensamenti. Non c'è altra soluzione che distruggerla. Nonostante la difficoltà di cogliere il 'messaggio' del film, il pessimismo e, in fondo, l'ingiustizia di questa posizione inducono a sconsigliare la visione del lavoro. Numerose le scene, le situazioni, le battute immorali. Sconsigliato".

Nella stessa pagina anche la descrizione del soggetto:

"La protagonista del film, Giulietta, è una giovane donna sposata e madre di tre figli che si prostituisce, consenziente il marito, per poter procurare a se stessa e alla famiglia quei beni, superflui e indispensabili, che ci offre la civiltà 'occidentale'. Attraverso il personaggio di Giulietta, il regista condanna la corsa al benessere e gli altri 'miti' di tale civiltà."

Meno soggettiva, la descrizione del distributore italiano del film (La Cormons Film di Bologna) che presenta la domanda di revisione:

"Con questo film Jean-Luc Godard ha voluto creare un mosaico che rappresenti l'attuale condizione umana: L'uomo schiacciato ed inaridito dalla soverchiante forza della tecnologia, della civiltà dei consumi. Le tessere che formano questo mosaico sono episodi della vita parigina, schegge di vita di gente comune, ma che nel loro insieme sono rappresentativi di una condizione comune a tutti. Si parla ancora una volta del tema comune a tutti i film di Godard, ma in maniera diversa: non è una vera e propria storia per protagonisti, ma una esposizione corale di un modo di vita".

È la strategia per la censura, per limitare i danni, generalizzare. La prostituzione non viene citata. Non un/una protagonista, ma una "esposizione corale di un modo di vita" che appartiene a tutti.

E, da questo punto di vista, anche il doppiaggio (forma di censura ricorrente per i film di Godard) eseguito con un bel tono deciso, diligente e asservativo, privo di quelle componenti di alea e di ambiguità che vi erano ricercate, induce lo spettatore italiano al fondamentale errore di ritenere che essi siano dei puri e semplici portaparola delle opinioni del regista, tanto più che nella versione doppiata viene introdotta una voce off che dialoga con gli attori.


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