2.6 La soluzione: nascita del doppiaggio in Italia

Nel corso del 1933, la richiesta di "togliere ogni scena dialogata o comunque parlata in lingua straniera" si fece sempre più sporadica fino, come detto, a scomparire del tutto.

Il doppiaggio era ormai una tecnica consolidata, e all'inizio poteva essere effettuato in due modi: nel Paese di origine, utilizzando persone che conoscessero le altre lingue, o direttamente nei Paesi in cui il film doveva essere distribuito (è il caso della MGM, che aprì i propri studi di doppiaggio a Roma già nel 1932). Tuttavia, la prima opzione venne ben presto abbandonata, anche perché il governo italiano (al pari di quello tedesco) mostrò di preferire di gran lunga la seconda, per vari motivi. Intanto, l'esigenza di preservare la "purezza" della lingua era garantita dalla maggiore professionalità dei doppiatori madrelingua rispetto a quelli utilizzati all'estero, per lo più oriundi italiani che con la loro dizione approssimativa e le pesanti inflessioni producevano effetti negativi o addirittura comici sugli spettatori: era già accaduto con le versioni multiple, con la curiosa eccezione del primo lungometraggio con Stanlio e Ollio, Muraglie (Pardon Us, 1931), recitato in italiano dagli stessi Laurel e Hardy con risultati ancora più esilaranti (tanto che i futuri doppiatori del duo si ispireranno proprio alla loro buffa parlata). Inoltre, il doppiaggio in Italia rappresentava un notevole vantaggio per la censura: se una pellicola già doppiata era molto difficile da tagliare e correva il rischio del divieto totale, era molto più agevole visionare un film in versione originale e introdurre le modifiche ai dialoghi direttamente nel doppiaggio (3.5 Non solo tagli).

Questa prassi divenne usuale solo dal 1934 con l'avvento di Luigi Freddi (1.2 Il periodo fascista), che cercava sempre di ottenere la versione originale di quelle pellicole per le quali il nulla osta non appariva scontato. Infine, non da ultimo, il fascismo aveva l'interesse economico di favorire lo sviluppo degli studi di doppiaggio italiani. A questo scopo, un decreto legge del 5 ottobre 1933 impose il divieto delle pellicole "sonore non nazionali ad intreccio di metraggio non inferiore a 1000 m il cui adattamento supplementare in lingua italiana - doppiaggio o post-sincronizzazione - sia stato eseguito all'estero", ammettendo il doppiaggio solo se realizzato in Italia da personale di nazionalità italiana.

Conclusasi la storia, per molti versi incredibile, della "guerra" alle lingue straniere, ne iniziava un'altra: quella gloriosa del doppiaggio italiano, che entrò in questa fase nel suo periodo d'oro anche se destinato a durare poco. Il primo colpo, infatti, lo assesterà la "tassa sul doppiaggio" (25.000 lire per ogni pellicola estera importata) introdotta nel febbraio 1934 per favorire la produzione nazionale; il secondo, la svolta autarchica del 1938 (4.7 1939: l'autarchia). Nel frattempo, però, la prima generazione di doppiatori italiani aveva già cominciato a imporsi come una delle più professionali e apprezzate al mondo.


Bibliografia

Jean A. Gili, Stato fascista e cinematografia - Repressione e promozione, Bulzoni, Roma, 1981.

Mario Quargnolo, La parola ripudiata. L'incredibile storia dei film stranieri in Italia nei primi anni del sonoro, Gemona: La Cineteca del Friuli, 1986

Francesca Del Moro, L'inquietante gemello - Lineamenti di storia del doppiaggio in Italia, Tesina di Storia della Traduzione, Dottorato di Ricerca in Scienza della Traduzione, Università di Bologna, a.a. 1999-2000.

 

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