Violenza

La censura francese risponde diversamente rispetto a quella italiana di fronte ad un film con un alto contenuto di violenza.

Questi esempi testimoniano il relativo liberalismo della censura francese rispetto a quella italiana, più severa e politicizzata.

Ma alla fin fine, quando si tratta di film dai contenuti violenti, i censori francesi e italiani hanno storicamente dei punti in comune. Ogni volta che un film violento è diventato affare della censura, la convinzione che tali film possano causare la fascinazione per la delinquenza e la sua imitazione è andata di pari passo con la preoccupazione di proteggere la gioventù, considerata fragile e sensibile. Da questo punto di vista, i censori francesi non sono stati da meno dei loro omologhi italiani.

 

La censura e la violenza

Di Laurent Garreau

Il caso dei "Rififi"

Cinque anni prima delle riprese di Pote tin Kyriaki (Mai di domenica, 1960), opera di rilievo nel contesto dei rapporti di sceneggiatori, registi americani e la censura della Motion Picture Association of America negli ultimi giorni della codice Hays, Jules Dassin realizza Du Rififi chez les hommes (1955). Mentre i censori francesi non trovano niente da ridire su questo film, fatta eccezione per il divieto ai minori di 16 anni, le autorità italiane eseguono tagli. Anche dopo aver censurato le scene dove un giovane cocainomane assume droga, l'amante di un gangster indossa un costume succinto e quelle dove viene mostrato lo scempio di alcuni cadaveri, la Commissione italiana rifiuta una seconda volta di rilasciare il nulla osta al film.

Walter Borg, il corrispondente permanente del Centro Nazionale della Cinematografia francese a Roma indirizza un messaggio a Nicola de Pirro, direttore generale dello spettacolo in Italia, della parte di Jacques Flaud, direttore generale del CNC, il 26 luglio 1956. Tramite questa lettera, i francesi vogliono rispondere ai risentimenti che la censura italiana sembra ingiustamente avere nei confronti del film:

  • "I procedimenti di neutralizzazione del sistema d'allarme, come quello utilizzato per l'apertura della cassaforte, sono di nostra invenzione e non possono in nessun modo essere utilizzati da ladri veri perché sarebbe assolutamente impossibile usare l'apparecchio spettacolare che abbiamo fabbricato noi".
  • "La Centrale Catholique Française ha accordato la classificazione 4A al nostro film e critici pubblicati sui giornali cattolici - in particolare Radio Cinema - sono stati molto positivi. Hanno addirittura evidenziato le qualità morali dell'opera".
  • "Tutti i paesi europei hanno accordato il nulla osta a Rififi, e in molti di questi di paesi la censura è veramente severa, come in Svizzera, Inghilterra, Olanda, Danimarca e Svezia. Negli Stati Uniti, il film è stato autorizzato dalla censura e ha iniziato la sua carriera raccogliendo un'unanime critica positiva al suo valore e alle sue qualità artistiche".
  • "Avendo ottenuto un premio al Festival di Cannes, decretato da una giuria internazionale che rappresentava le competenze più alte nella materia, sarebbe spiacevole constatare che questo film debba incorrere nei rigori della sola censura italiana".
  • "In Inghilterra, il film ha raccolto una critica così favorevole che sarebbe difficile trovarne l'equivalente nei dieci anni precedenti. La stessa situazione si è verificata in Olanda".
  • "Infine, la censura italiana ha accordato il nulla osta a dei film molto più duri e immorali. Ne citeremo uno solo, il film di John Huston Asphalt Jungle".

Walter Borg aggiunge in uno stile organizzato e diplomatico che sarebbe veramente spiacevole se uno dei pochi film francesi prodotti negli ultimi anni apprezzato da un pubblico internazionale fosse vietato proprio in Italia, unico paese con il quale la Francia, per molto tempo, ha avuto rapporti eccellenti in ambito cinematografico.

Nel dicembre del 1956, la Cei-Incom, che ha poi assunto la distribuzione del film in Italia, propone qualche taglio e chiede una revisione. Il film ottiene finalmente il nulla osta della Commisione di Revisione nel gennaio del 1957, dopo due anni di burocrazia italiana, totalizzando 327 metri di tagli (sui 3377 metri originali) e un divieto ai minori di 16 anni, come in Francia.

Nel 1962, Jacques Deray realizza un Rififi à Tokyo (Rififi a Tokyo, 1963), una co-produzione franco-italiana. La censura francese vuole eliminare quasi integralmente la sequenza dello schiacciamento di Riquet:

"La proposta della Commissione è motivata dal fatto che questa scena, che si aggiunge a numerose altre scene di violenza - anche se in modo più discreto - presenta un carattere di angoscia e di brutalità che non può essere presentato ad un giovane pubblico".

 

Il caso Melville

Una delle singolarità della censura francese consiste nella sua composizione. Dal 1945, i rappresentanti dell'industria cinematografica entrano a farne parte. Il regista Michel Ichac, pioniere del cinema di montagna, che ha girato la prima ascensione francese dell'Himalaya nel 1936 con Henry de Ségogne, vi partecipa sotto la presidenza dello stesso de Ségogne, l'alpinista, nominato al capo della censura nel 1961. Questi vi rimarrà per dieci anni. Anche Louis Malle ha rappresentato i registi dall'ottobre del 1962. Jean-Pierre Melville gli succederà il primo di aprile del 1967.

Prima del suo ingresso ufficiale, Melville ha avuto dei conflitti in ambito censorio sfiorando la censura del film Le deuxième souffle (Tutte le ore feriscono, l'ultima uccide!, 1966) poco prima della sua nomina. In un libro d'interviste rilasciate a Rui Nogueira nel 1973, testimonia:

"Quando ho proiettato il mio primo film nella versione integrale, la gente non riusciva neanche a guardare lo schermo. La scena in cui un poliziotto ficca un imbuto in bocca a Paul Ricci per versarci dell'acqua da una damigiana era veramente insopportabile. Anche se il taglio non deforma il senso del film, perché il resto della sequenza lascia tutta la libertà all'immaginazione dello spettatore, trovo comunque che sia un peccato averlo dovuto eseguire. Nonostante ciò, vorrei precisare che la censura non mi ha imposto niente. Il Presidente della Commissione mi ha semplicemente detto che non mi consigliava mantenere questa scena perché mi avrebbe causato dei problemi".

Infine, la censura impone il divieto ai minori di diciotto anni a causa dell'eccesso di violenza e del carattere deleterio del film. Viene imposto anche il taglio integrale della scena dell'imbuto, la quale non può nemmeno essere suggerita. "Questa pratica non fa parte delle abitudini della Polizia francese". Sono le condizioni imposte dal segretario dello Stato all'Informazione in una lettera del 25 ottobre 1966 che autorizza l'uscita del film Le deuxième souffle.

Sei mesi dopo, Jean-Pierre Melville viene nominato censore. Non è la prima volta che succede. Gilbert de Goldsmith, produttore e fondatore della società Les films de la Madeleine nel 1951, aveva incontrato i censori per negoziare il soggetto del primo film con Jean-Gabriel Albicocco, La Fille aux yeux d'or, (1961), adattamento del romanzo di Balzac. In seguito a questo avvenimento accetta di rappresentare i produttori all'interno della commissione di censura.

Nel 1967, Jean-Pierre Melville si fa carico a sua volta della responsabilità della censura. Lo fa con convinzione e rigore, non esitando a raccomandare misure di totale divieto rispetto a un certo tipo di film. Nella sua opinione, non è la violenza che si deve censurare bensì la pornografia. Nel 1970, esprime il suo credo di difensore della virtù durante una trasmissione televisiva. Dichiara:

"Credo che il più grande male sia la rappresentazione della pornografia. Ed io sono un rappresentante della virtù alla commissione di controllo, sono un puritano. Detto questo, giustifico tutto nel momento in cui ci sia la qualità".

E aggiunge come questo ruolo possa influenzare in modo incoscio il suo cinema. Le cercle rouge (I senza nome, 1970), constata:

"È un film dove la donna è assente, ma non l'ho fatto apposta, non è volontario, è avvenuto in modo incoscio e subcosciente; facendo parte della commissione di controllo, ossia della censura, da tre anni e mezzo, quando provo ad analizzare i veri motivi che hanno potuto farmi scrivere una sceneggiatura che dura due ore e un quarto, senza alcuna presenza femminile, penso che sia una specie di autocensura che ho applicato, perché in tutti i film che rivedo alla censura, c'è solo questo".

 

Cinema e mafia: da Béthune a Gomorra

La violenza sullo schermo, quando il suo fascino viene usato per colpire i grandi numeri del pubblico di massa, pone il problema della censura in termini più cruciali che rispetto alla mera protezione della gioventù.

In Francia, l'11 gennaio 1909, a Béthune, gli operatori Pathé, volendo andare oltre alle pedisseque ricostruzioni di esecuzioni capitali che cominciano ad andare di moda, riescono a filmare la morte reale sotto il titolo La quadruple exécution capitale de Béthune. Questo voyeurismo provoca l'ira del governo e una circolare del ministero dell'Interno a tutti i prefetti di Francia e di Algeria per "vietare radicalmente tutti gli spettacoli cinematografici pubblici di questo genere, suscettibile di provocare dimostrazioni disturbando l'ordine e la tranquillità pubblica".

La circolare si riferisce a testi di legge anteriori all'invenzione del cinema, con i quali i sindaci dei comuni di Francia avevano potere di censura preliminare degli spettacoli che venivano detti "di curiosità". Da 1906, il teatro non è più definito "uno spettacolo di curiosità", ed è quindi considerato come giuridicamente libero. D'altra parte, per via di questa circolare, il cinema è assimilato agli spettacoli di marionette, ai bar detti cafés-chantants, cafés-concerts e attività del genere.

Cento anni dopo, la finzione hollywoodiana raggiunge la realtà della mafia. O inversamente. Roberto Saviano racconta la fascinazione esercitata dai personaggi interpretati da Al Pacino sui veri camorristi, innanzitutto la fascinazione del padrino che chiede al suo architetto di costruire una villa identica a quella di Tony Montana in Scarface a Casal di Principe. Lo scrittore fornisce molti esempi simili per illustrare che non è più il cinema ad osservare la malavita per ispirarsi alle sue caratteristiche più marcate, ma precisamente il contrario.

 

Bibliografia

Albert Montagne, "Droit et libertés publiques: les actualités filmées ont enfanté la censure du cinéma français en 1909" in Les Cahiers de la Cinémathèque, n. 66, juillet 1997: les actualités filmées françaises, Institut Jean Vigo, p. 83-90.

Rui Nogueira, Le Cinéma selon Melville, Cinéma 2000, Seghers, Paris, 1973.

Italia Taglia, a cura di Tatti Sanguineti, Transeuropa, Ancona, 1999.

Roberto Saviano, Gomorra, Mondadori, Milano, 2006.