3.4 Il suicidio

Uno dei temi censurati durante il fascismo merita una trattazione a parte: la messa in scena del suicidio, e ogni semplice accenno ad esso, erano proibiti in maniera rigorosa e non soltanto nel cinema (anche nel linguaggio giornalistico, per esempio).

Per quanto riguarda i film, oltre alle vere e proprie scene di suicidio, erano considerate immorali quelle che mostravano la preparazione all'atto stesso, anche per il rischio possibile di emulazione. Ciò è evidente analizzando alcuni esempi di tagli imposti dalle commissioni di revisione. In uno in particolare, Transatlantico (Transatlantic, produzione Fox distribuita in Italia nel 1932) di William K. Howard, la sequenza da eliminare è soltanto una simulazione di suicidio: "Sopprimere la scena in cui si vedono tutti i preparativi per simulare il suicidio del banchiere e precisamente dal punto nel quale Mister... raccoglie la rivoltella, fino a quando chiude la porta uscendo dalla camera".

Al britannico Raffiche (Little Friend, 1935) fu imposto di "limitare allo stretto necessario le scene di preparazione al suicidio (togliere la busta sul letto - la frase in Tribunale della madre «mia figlia ha tentato di suicidarsi»)"; il suicidio vero e proprio di un personaggio secondario, invece, fu eliminato in La portatrice di pane (La porteuse de pain, 1934), dramma francese con Fernandel in un ruolo minore: "Che sia soppressa la scena del suicidio di Mary nel finale".

Tentennamenti censori, infine superati, si ebbero addirittura per il celeberrimo doppio suicidio di Giulietta e Romeo, titolo italiano del film Romeo and Juliet (1937, con Norma Shearer e Leslie Howard) diretto da George Cukor; o ancora, per la pellicola francese Orage (Delirio, di Marc Allégret, uscito in Italia nel 1939) Luigi Freddi chiese e ottenne dal produttore André Daven la modifica del finale per l'edizione italiana, nella quale la protagonista Michèle Morgan, anziché suicidarsi, si allontana per sempre dall'amato (come si può appurare dalla sinossi sul visto censura del film, consultabile nella banca dati).

"Azioni perverse"

I "delitti o suicidi impressionanti", per citare la legge liberale del 1914 che ancora influenzava molte decisioni della censura, venivano insomma considerati come gli esempi più gravi della categoria più ampia di quelle "azioni perverse o fatti che possano essere scuola o incentivo al delitto, ovvero turbare gli animi o eccitare al male".

In modo similare a quanto avveniva con il suicidio, non erano tollerate le situazioni che illustravano la preparazione o i dettagli di atti illeciti come omicidi, furti o rapine. Al britannico Padre (Sorrell and Son, 1935) si ordina di "sopprimere tutto quanto si riferisce all'iniezione di narcotico che conduce alla morte il protagonista"; in una versione dell'Oliver Twist del 1933, Senza nome o Oliviero Twist, addirittura di "eliminare la scena nella quale il vecchio Fagin insegna al piccolo Oliviero a rubare con destrezza", sequenza certo non trascurabile nell'economia narrativa. Un taglio di censura analogo, "sia ridotta la scena sul fiume di preparazione all'attentato", compare in Liliom di Fritz Lang, di cui trattiamo di seguito.

Un suicidio illustre: Liliom (1934) di Fritz Lang

Tratto dalla commedia teatrale di Ferenc Molnár, Liliom o La leggenda di Liliom (Liliom, 1934), è l'unico film francese di un Fritz Lang in fuga dalla Germania di Hitler e Goebbels e prossimo ad approdare negli Stati Uniti. A questa pellicola la censura italiana ordinò: "Sia tolta la scena del suicidio di Liliom" e "siano tolte tutte le battute in cui si accenna al suicidio".

Il gesto fatale del protagonista (Charles Boyer), che si accoltella perché braccato dalla polizia dopo aver partecipato a una rapina, rappresenta uno snodo fondamentale nella storia narrata: alla sua morte, infatti, Liliom viene "processato" e condannato nell'Aldilà e dopo 16 anni di Purgatorio gli sarà concesso di incontrare sua figlia sulla Terra. Viene da chiedersi, perciò, quanto chiaro sia stato il film per gli spettatori italiani dopo simili tagli.

La vicenda, tra l'altro, era già stata filmata negli Stati Uniti da Frank Borzage in Liliom (1930), che si era imbattuto in moltissimi problemi con la censura di tutto il mondo: proibito nel Commonwealth e inedito in Francia, il film uscì pesantemente sforbiciato, soprattutto nella parte ambientata in Cielo, in altri Paesi tra cui l'Italia.

 

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